“La Scomparsa di mia madre” – Beniamino Barrese

Quanto può essere difficile e per quante ragioni può esserlo raccontare la storia di Benedetta Barzini? Top model ante litteram, icona della bellezza naturale, elegante, intelligente Benedetta detesta essere ripresa, odia le fotocamere, rifugge dal ruolo di icona per inseguire solo la sostanza delle cose. “La mia persona non è fotografabile, ho dato loro ciò che volevano solo perché serviva per andare avanti”.
Una donna impegnata, agguerrita, una docente universitaria critica, una madre.

Ed ecco che il coefficiente di difficoltà ha il suo picco: a realizzare questo bellissimo film “La Scomparsa di mia madre” è Beniamino Barrese, il figlio della Barzini che, con uno sguardo di rara sensibilità, racconta la mamma, non il mito.
Essere figli d’arte non è facile: confronti continui, attese, illusioni. Essere figli non è facile, nasciamo con la precisa volontà di non deludere i nostri genitori, di essere perfetti, come loro hanno tentato di esserlo per noi.

Beniamino Barrese ha compiuto un gesto d’amore grande che ha voluto condividere sfiorando solamente la fama della madre per raccontare la donna, con le sue perplessità, con le sue convinzioni forti sulla moda, sulla vita. Perché l’estetica se non è vissuta con consapevolezza etica ti divora, ti porta ad inseguire cose che senza mezzi termini Benedetta definisce merda. Una donna vera, colta, empatica con cui è facilissimo entrare in connessione. La sua storia la porta ad appena 15 anni a comparire sulla copertina di Vogue America e poi in un turbinio di sfilate, eventi, shooting fotografici. Che lei detesta, che critica, che mette in discussione ed è per questo che la sua figura, di un’eleganza innata, si stacca dal ruolo di modella per approdare a quella di icona, volente o nolente. La Barzini ha qualcosa da dire, ha molto da dire e da insegnare.

Altrettanto facile è immedesimarsi nell’occhio amorevole di Beniamino che ritrae sua madre per quel che è, o meglio: è lei che lo concede al figlio, come un secondo taglio del cordone ombelicale perché una volta conclusa questa inevitabile storia familiare possa volare altrove a raccontare la vita come fotografo e filmaker libero da nomi e ruoli. Un dono grande, da parte di entrambi, una prova d’amore piena di bellezza, fragilità e umanità.

Il film ha ottenuto una candidatura agli European Film Awards, è stato anche al Sundance Film Festival e ha avuto ottimi risultati ai botteghini.
Personalmente lo ho trovato commovente e poetico, la regia sensibile e attenta, musiche e dialoghi in perfetto equilibrio così come le immagini, naturalmente forti nella loro quotidianità quieta/inquieta senza forzature e facili compromessi.

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