Ho provato grande soddisfazione nel constatare che tante persone stanno apprezzando il concept democratico alla base della rassegna Vamp. Stiamo veramente tentando di spogliare l’arte da quegli inutili orpelli legati al marketing e alla curatela, forieri i primi di stress e vincoli stretti come corde e di luoghi comuni prossimi al ridicolo i secondi. I tanti visitatori che hanno affollato l’inaugurazione del secondo capitolo di Vamp, intitolato Human Decay, lo hanno compreso e condiviso facendomi capire che esiste un altro modo di fare/proporre/vendere arte. E si, quasi tutte le opere in mostra son state già vendute, segno che ancora siamo attenti al fascino della comunicazione, della bellezza alternativa al prodotto di massa, all’arte intesa come concetto. E bravi Fabio Piccioni e Diamante Murru che hanno anche colto un altro aspetto della rassegna Vamp: l’invito a collaborare tra artisti, a non guardare solo al proprio orticello ma di contemplare e, potendo, abbracciare il percorso di altri artisti trovando un iter comune. I due lavori presenti in mostra sono a detta degli stessi artisti, i primi due timidi passi su un terreno sconosciuto che merita di essere indagato a fondo. Se è vero che l’arte contemporanea non permette più costituirsi in movimenti programmatici con tanto di manifesto consente però di guardare con maggiore facilità al lavoro degli altri e di creare sodalizi importanti per la crescita del pensiero artistico e della persona stessa.
In questa foto scattata da Alice Alberti: Giacomo Pisano e Diamante Murru