Parlare oggi di body art può forse sembrare pleonastico dato che dalla fine degli anni ’60 il corpo è fatto oggetto di ricerca, indagine e sperimentazione da parte di artisti straordinari, spesso pionieri di idee, tecniche e concetti perfettamente attuali. Unitamente a questa ovvia premessa si avvicina la nuova edizione della Cagliari tattoo Convention (24, 25 e 26 agosto all’Hotel Setar), ed ecco perchè non sembra superfluo scrivere ancora di body art.
Il corpo, per quanto indagato e trasformato nel luogo della sperimentazione anche più estrema, mantiene la sua aura di sacralità, un codice segreto e inviolabile che ci permette di stupirci quando la combinazione delle cifre di questo codice viene alterata. Percepiamo come un’invasione inquietante lo scioglimento del patto di non belligeranza tra anima e corpo, la rottura dei vincoli del patto di alleanza tra la carne e lo spirito, tra visibile e invisibile, considerando l’uomo come soluzione alchemica perfetta.
Minare l’equilbrio di questo inscindibile binomio è ancora oggi in grado di sconvolgerci, e sebbene marchiarsi la pelle con pratiche ormai comuni come il tatuaggio, o trafiggerla con il piercing siano azioni socialmente accettate, resta sempre e comunque una sorta di tensione verso l’atto di modifica in sé. Segnare il corpo, renderlo plasmabile, suggerisce di guardare alla sua natura precaria, instabile, tragicamente organica, destinata al deperimento e alla morte. Un corpo intatto invece tenta di far incastrare i meccanismi della mente umana in appigli di purezza, di conservazione, di eternità.
Se in una società come quella odierna, dove al corpo e alla mente è richiesto di sopportare ben altre performance stressanti, destano ancora stupore i messaggi degli artisti e degli amanti della body art è proprio perchè nel loro sincero approccio di accettazione del dolore rituale e della condizione umana sono in grado di turbare le coscienze con un monito comune e universale che è il linguaggio del dolore.
Il dolore è forse l’unico elemento ancora in grado di definirci come persone rivolte verso un unico destino.